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Archivio per la categoria ‘Parlano di Ustica’

Sicilian-Style Cooking

30 aprile 2009

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Pubblicato a New Orleans il ricettario:

Sicilian-Stile Cooking from Ustica to New Orleans.

All’interno è possibile trovere ricette della cucina italo-americana scritte dall’usticese emigrata in America, Maria Bertucci Compagno.

Guido Alessandri Parlano di Ustica, Ricette, Usticese , , , , ,

Nello Rosselli ad Ustica durante il confino

28 aprile 2009

images10Di seguito un articolo di Nello Rosselli, dal titolo Al confino, datato in calce
“L’ Apparità ( Firenze 1932 )”, che racconta in modo dettagliato la vita ad Ustica durante il confino degli anni venti.




Questa isoletta ha 900 abitanti stabili, e fluttuanti, distinti in coatti e confinati politici.
Il paese è miserabile, con casette che cadono a pezzi. ma una splendida veduta di mare, una chiesa con una santo miracoloso, e un monumento ai caduti.
Sulla facciata del municipio è una lapide, che nella prima parte ricorda come un isolano, ufficilae dell’esercito, fosse caduto da eroe nella guerra d’ Africa di cinquant’anni fa.
La seconda parte si legge cosi: ” E’ ora, Ustica, sparuta isoletta e quasi punto geografico sperduto nell’ Oceanco, ad eguagliare le grandi metropoli che mai ti manca? “.
Molte cose le mancano, di cui l’autore o non s’accorse, o preso dall’estro peotico si dimenticoco lì per lì.
Le cito come mi vengono: la luce elettrica, la fognatura, il lastrico per le strade, un pubblico macello, una farmacia, un ospedale, un servizio decente di lavori e via discorrendo.
Per le bestie da macello, ad esempio, andava così: quando a un contadino in Sicilia stava per morire per mancanza di fiato una vacca nelle stalle, egli pensava: vendiamola al macellaio di Ustica.
Detto fatto, la vacca arrivava in vapore, e siccome non c’era un pontile la calavano in acqua, ancorata ad una barca.
Giunta alla sponda più morta che viva, la portavano in piazza dive passava dodici ore legata ad una dei sei alberi dell’isola i quali sorgevanoi tutti, tre di qua e tre di là, davanti alla chiesa.
Se tirava le cuoia in quelle dodici ore, la mangiavano generalmente i coatti, che hanno pochi quattrini, e vanno a caccia di vitelli abortiti, agnelli a tre zampe, o anche, se capita, di bistecche strappate brutalmente dai lombi di una povera mucca che pascola incustodita.
Se no, aveva l’onore di pendere squartata in bottega, col listino dei prezzi sull’uscio, firmato dal podestà.
Invece di farmacia c’era un armadio farmaceutico in consegna a un coatto, il quale aveva fatto, in galera, l’infermiere.
Siccome la galera era durata un pezzetto, la pratica non gli mancava. Senonchè ogni sera alle diciotto questo coatto, che aveva in tasca la chiave dell’armadio, era ubriaco fradicio fino all’indomani mattina: proibito sentirsi male.
I vapori parevano signore che, quando, finita una visita, si alzano per andar via, non trovano mai la maniera di uscire.
Essi avrebbero dovuto secondo l’orario salpare da Palermo tre volte per settimana; ma se pioveva, tirava vento, o c’era all’orizzonte una nuvola nera, facevano trecento metri nel porto, poi tornavano a terra. I trecento metri, naturalmente, servivano per riscuotetre il contributo governativo.
A parte questi inconvenienti, e gli altri più o meno cospicui, inerenti alla pena e al confino, la vita ad Usdtica trascorreva tranquilla.
La popolazione ci guardava con occhio benevolo, tanto più che, di 900 che erano, uno non potevavantarsi di non aver nelle vene sangue d’antichi o recenti coatti.
Nell’ isola tirava vento: ond’è che con paterna cura la direzione della colonia aveva vietato a noi confinati di superare i limiti della borgata.
Perchè non prendessimo, poi, una frescata notturna, era stato deciso che alle sette di sera dovessimo essere tutti quanti rientrati.
I bagni di mare erano consentiti alle dieci e alle undici, nei giorni dispari: e perchè non corressimo pericolo di annegare barche con militi e carabinieri vigilavano nella piccola rada.
Insomma, le più grandi, le più commoventi attenzioni.
Perfino la posta veniva censurata in anticipo per evitarci impressioni spiacevoli; e il denaro che qualcuno di noi riceveva da casa veniva amministrato dal signor direttore.
” Cosa mi chiede altri soldi: non gli ho dato dieci lire ier l’altro?” ” Signor direttore, le ho spese: due lire d’olio ( frigga col lardo ! ), tre lire di carne ( non lo ho spese neanch’ io ! ), barbiere  due lire ( si lasci crescere la barba ! ), francobolli una lira ( lei scrive troppo ! ), medicine una lire ( risparmi quei soldi ! ) “. Un vero corso di economia domestica.
Il direttore sospirava e tirava fuori due lire: ” Si ricordi, per otto giorni, nient’ altro”.
Tra i confinati c’erano anche degli arabi scampati alla forca: prigionieri di tribù ribelli. Verso sera andavano sugli scogli, in riva al mare, e lì col culo in aria, pregavano Maometto.
Stavano molto anche all’ufficio postale perchè spedivano telegrammi su telegrammi al Governatore della colonia promettendo fedeltà e invocando il relativo perdono.
Insomma il confino era una specie di ristretto d’ Italia , compreso l’oltremare.
Dalla infima gente ( i coatti ) su su per gradi salivi fino ai potenti: il prete , il podestà, il centurione della milizia. C’erano il massone, il pipista, il socialista e il fascista dissidente, il comunista ortodosso e l’anarchico individualista, il povero diavolo che aveva detto: ” PIove governo ladro “, e il pezzo grosso dell’opposizione.
Ciascuno teneva alla propria posizione e badava a serbare le distanze, ma alla fine quando pioveva ci si bagnava tutti e quando il vapore faceva cilecca s’aveva tutti il nervoso, che era poi, bella e buona, la nostalgia di casa.

Guido Alessandri Parlano di Ustica, Pensieri & Citazioni, Ustica e dintorni, Usticese , , ,

Il mare caraibico è made in Italy Ustica, l’ isola dei tesori sommersi

26 aprile 2009

isoladiusticaUSTICA - Eccola la capitale dei sub: ogni suo tesoro è nascosto.

Bisogna immergersi, buttarsi a capofitto nel blu profondo, giù per abissi e dentro caverne. Si precipita in un mondo incantato, sospesi nel silenzio, fluttuanti fra creature marine che normalmente si vedono soltanto negli acquari e nei documentari tropicali.

Ustica è tutto questo, la cima di un grande vulcano sommerso, le acque in cui Ulisse sentì il canto fatale delle Sirene.

Riserva marina dove è proibita la pesca, nasconde i fondali più belli del Mediterraneo, le acque più terse, le specie più rare…

Fonte: Repubblica

Max Luoghi, Parlano di Ustica , ,

Ustica agricoltura di scoglio

25 aprile 2009

Segnaliamo un articolo redatto da Terrà sul ritorno all’agricoltura di Ustica.

A Ustica il futuro dell’agricoltura è legato ai giovani.

È infatti a un gruppo di ragazzi che si deve il rilancio delle attività agricole nell’isola di origine vulcanica più antica della Sicilia.

La coltura usticese più nota è sempre stata la lenticchia.

Anche se non mancavano altri legumi: ceci, fave e fagioli. A cui si aggiungevano il melone giallo, la vite e qualche frutteto sparso qua e là.

A questo indirizzo potete trovare l’edizione in cui è presente l’articolo (pagina 23).

Buona lettura.

Max Parlano di Ustica, Progetti & Iniziative ,

Mostra “La Sicilia di carta – Le Carte della Sicilia”

24 aprile 2009

Si è tenuta ad Ustica lo scorso anno, la Mostra “La Sicilia di carta - Le Carte della Sicilia” promossa dalla Fondazione Banco di Sicilia con la collaborazione del Centro Studi e Documentazione isola di Ustica,

In mostra stampe e disegni sull’Isola dal Rinascimento all’Età dei Lumi.

A questo indirizzo a pagina 48 potete trovare l’articolo scritto su Centonove.

Max Eventi, Parlano di Ustica , ,